Notizie storiche

La seguente esposizione rispetta l'ordine cronologico degli avvenimenti narrati e tiene conto delle fonti attendibili, nonché delle indagini svolte dai soci del "Gruppo Storico Castelvecchio", prima e durante i lavori iniziati nel 1979 per riportare alla luce l'insediamento di Castelvecchio.

Nella seconda metà del VI secolo d.C. i Longobardi scendono in Italia ed arrivano nella valle del fiume Elsa. Le popolazioni, incapaci di difendersi, si rifugiano sulle vicine colline coperte di fitti boschi e una collina è quella detta oggi di Castelvecchio. Lì i profughi rimangono a lungo e vi rimangono i loro figli e nipoti, dando vita, prima ad una "curtis" e poi ad un "castrum", detto "vetus", che nel 1140 risulta essere sotto l'egida del vescovo Adimaro di Volterra. A conferma, un privilegio del papa Celestino II, emesso il 3 marzo 1144, fa dipendere Castelvecchio (o Castrum vetus) dalla cattedrale di Volterra, mentre un altro privilegio del 29 dicembre 1171 del papa Alessandro III dichiara che alcuni castelli della Valdelsa, compreso Castelvecchio, appartengono al vescovo Ugo di Volterra.

Enrico VI, associato all'impero dal padre Federico I Barbarossa, con un diploma del 27 agosto 1186, riconosce che il vescovo di Volterra, Ildebrando de' Pannocchieschi, è proprietario di Castelvecchio e di altri castelli in Valdelsa. Però, lo stesso vescovo Ildebrando, con atto del 29 maggio 1210, cede al comune di San Gimignano, rappresentato dal podestà Palmiero di Angioliero, i diritti feudali su Castelvecchio. Nel 1213, approfittando di una favorevole circostanza, San Gimignano dà inizio alle ostilità contro Volterra e disloca a Castelvecchio, posto sulla linea di confine tra i territori delle due città, un contingente militare per condurre le operazioni belliche. Dopo una tregua, riprende la guerra con maggiore foga e da Castelvecchio partono i soldati di San Gimignano per effettuare scorrerie nel territorio di Volterra.

Le ostilità terminano per l'intervento del podestà di Firenze, Rolando de' Rossi, che impone di deporre le armi con provvedimento del 15 luglio 1235. Tuttavia Castelvecchio rimane un centro di armati che non tralasciano l'attività di disturbo, finché nel 1250 dei rivoltosi attaccano proditoriamente Castelvecchio, punta del potere sangimignanese, ma l'impresa fallisce per l'immediata reazione. Un nuovo attacco a Castelvecchio è del 1268, da parte di truppe ghibelline che, mostrando insegne guelfe, entrano nell'insediamento e ancora una volta la reazione è pronta. Un'altra tregua tra San Gimignano e Volterra è dovuta alla scoperta, nei pressi di Castelvecchio, di una supposta vena di argento. Tregua dal 1273 al 1278, anno in cui è di Volterra l'iniziativa della guerra contro San Gimignano che riorganizza il contingente militare di Castelvecchio sia per la difesa che per le rapide scorrerie.

Ennesima tregua grazie ad un arbitrato del 23 ottobre 1280, efficace fino al 1300, anno in cui si riaccendono gli insanabili contrasti tra le due città eterne rivali, prolungati al 1308 con un inutile assedio di Castelvecchio da parte dei Volterrani e successiva battaglia campale, senza vinti né vincitori, tanto che è necessario un altro arbitrato, il 14 aprile 1309, per risolvere le pendenze in atto. San Gimignano ne esce rafforzato a danno di Volterra, con estensione del confine a sud, sul Montespeculo, dove viene costruito il Castelnuovo, o Castrum novum (ora Castelsangimignano), terminato nel 1320 ed entrato in funzione come cittadella fortificata.

Fino al 1365 le notizie su Castelvecchio riguardano la coltivazione dei cereali, l'allevamento del bestiame e la produzione della lana, con un ridotto contingente militare che, tuttavia, nel 1366 resiste all'assalto di una masnada di mercenari. Dal 1390 al 1395 Castelvecchio, non sufficientemente protetto, subisce gravi danni per le ostilità tra Milano e Firenze. Non ancora riattivato, nel 1408 San Gimignano e Volterra lo coinvolgono in una nuova guerra, con ulteriori danni. Nel 1413 vengono accertate le critiche condizioni statiche di alcuni fabbricati di Castelvecchio, tanto che nel 1414 si deve provvedere a interventi di restauro che interessano, tra l'altro, la "casa del castellano", posta al centro dell'insediamento, davanti alla chiesa.

Negli anni seguenti riprendono in Valdelsa le scorrerie dei Volterrani, ai quali si aggiungono, nel 1431, quelle dei soldati milanesi comandati da Niccolò Piccinino e Francesco Sforza. Gli abitanti di Castelvecchio, che non hanno più un contingente militare, si difendono a mala pena finché alcuni di essi, esaurite le forze, chiedono rifugio a San Gimignano, ma vengono respinti.

Nel 1446 Alfonso d'Aragona, re di Napoli, ha mire di conquista e Firenze consolida le strutture difensive del territorio di sua pertinenza, escludendo Castelvecchio. Questa volta sono tutti gli abitanti a pretendere l'ospitalità dei Sangimignanesi e rientrano nelle loro abitazioni cinque anni dopo, nel 1451, sperando nella pace.

Ma nel 1452 torna la minaccia di Napoli e Firenze dichiara lo stato di guerra. Nella primavera del 1453, le truppe napoletane entrano in Toscana e gli abitanti di Castelvecchio si rifugiano a San Gimignano per restarvi il più a lungo possibile. Nella notte tra il 28 e il 29 settembre 1453 un violento terremoto provoca notevoli danni a Firenze e dintorni, in un raggio di cinquanta chilometri in linea d'aria. A Castelvecchio, abbandonato dalla popolazione, crollano i tetti di parecchie case senza che nessuno provveda alle necessarie ed urgenti riparazioni.

Soltanto nel 1458 gli abitanti tornano a Castelvechio, disposti al ripristino delle case abbandonate, a condizione di avere delle agevolazioni tributarie che San Gimignano concede, pur di averli lontani, esonerandoli dal pagamento di tasse per quattordici anni e con provvedimento del 22 settembre 1458, approva la costruzione di una grande torre, dove potrà abitare il responsabile dell'insediamento, in sostituzione della inadeguata "casa del castellano". E' un salto di qualità per Castelvecchio e per i suoi abitanti, convinti che stia per iniziare un periodo di prosperità, cosicché il 17 novembre 1468 sono lieti di festeggiare l'inaugurazione della nuova grande torre.

Nel 1473, scaduto il tempo delle agevolazioni tributarie, Castelvecchio chiede una proroga a San Gimignano, ma il rifiuto è netto, senza deroghe. Gli abitanti dell'antico glorioso insediamento sono in serie difficoltà, aggravate dal pericolo di una nuova guerra portata dai Napoletani e poi da una epidemia di peste che esplode nel mese di agosto del 1478. Non c'è altro scampo che rifugiarsi a San Gimignano, ma l'opposizione è dura, accompagnata dalla minaccia di sanzioni. Castelvecchio, isolato dal resto del mondo, riesce con le proprie forze a superare la crisi, ma nel 1485, quando è in ripresa, ricompare la peste più violenta del solito. Gli abitanti, decisi ad affrontare il trasferimento a San Gimignano, superando ogni ostacolo, vengono bloccati da un provvedimento delle autorità comunali che dichiarano Castelvecchio centro di diffusione della peste, da isolare con guardie armate nell'interesse della collettività. Nessuno può uscire o entrare ed è la fine di Castelvecchio che nel Cinquecento risulta abitato stagionalmente, per brevi periodi, da boscaioli, carbonai e pastori.

Nel 1576 le autorità ecclesiastiche accertano che la chiesa di Castelvecchio, già canonica, è in stato di abbandono e la zona circostante "selvatichissima". Nel 1908 lo scrittore Romualdo Pàntini, in visita a Castelvecchio, lo definisce in un suo libro, "...il ricordo di un paese che fu, nel tempo lontano, di cui non rimangono che miseri resti di una bellezza grandiosa e triste...". La rinascita di Castelvecchio comincia nel 1979, quando dei volontari decidono di riportare alla luce le antiche strutture, sottraendole alla vegetazione boschiva che le ha nascoste per secoli e, nello stesso tempo, le ha protette.